IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE
   Ha pronunciato la seguente ordinanza sui ricorsi nn.  4533  e  4534
 del  1990  proposti  dai  sigg. Carrante Saido Bernardino, Trabalzini
 Piero, Forria Gavino, Loddo Carmine,  Gambardella  Pasquale,  Giorgio
 Giuseppe,  Accettura  Natale,  tuti  ispettori  Capo della Polizia di
 Stato, elettivamente domiciliati in Roma alla via del  Circo  Massimo
 n.  7  presso  lo studio del dott. proc. Mario Marrone dal quale sono
 rappresentati e difesi contro il Ministero  dell'interno  in  persona
 del  Ministro  pro-tempore  e,  per quanto occorre, la Presidenza del
 Consiglio dei Ministri, in persona del Presidente del Consiglio  pro-
 tempore non costituiti in giudizio per l'annullamento del decreto del
 Ministro  dell'interno  in  data  18  agosto  1990,  pubblicato il 18
 ottobre 1990, con cui e'  stato  indetto  un  concorso  interno,  per
 titoli di servizio e colloquio, per il conferimento di n. 36 posti di
 commissario  del  ruolo  dei  commissari  della Polizia di Stato, per
 l'anno 1988 (I ricorso) e del decreto del  Ministro  dell'interno  in
 data  18 agosto 1990, pubblicato il 19 ottobre 1990, con cui e' stato
 indetto un concorso interno, per titoli di servizio e colloquio,  per
 il  conferimento  di 11 posti di commissario del ruolo dei commissari
 della Polizia di Stato, per l'anno  1989,  (II  ricorso)  entrambi  i
 provvedimenti nella parte in cui non sono stati ammessi a partecipare
 ai  concorsi  gli ex marescialli del disciolto Corpo delle guardie di
 pubblica sicurezza  e  nella  parte  in  cui  sono  state  ammesse  a
 partecipare  ai  concorsi  anche  le appartenenti alla ex carriera di
 concetto del disciolto Corpo di polizia femminile assunte in servizio
 dopo l'entrata in vigore della legge 1½ aprile 1981,  n.  121,  e  di
 ogni   atto   connesso,   presupposto   e  conseguenziale  inclusi  i
 provvedimenti,  finora  comunicati  ai  soli  ricorrenti  Carrante  e
 Gambardella,   di   reiezione  delle  istanze  di  partecipazione  ai
 concorsi, presentate dai ricorrenti;
    Visti i ricorsi con i relativi allegati;
    Viste le memorie prodotte dalle parti ricorrenti a sostegno  delle
 proprie difese;
    Visti gli atti tutti della causa;
    Udito  alla  publlica  udienza  del  28  magio  1992  il  relatore
 consigliere Chiarenza Millemaggi Cogliani e udito,  altresi',  l'avv.
 Marrone per i ricorrenti;
    Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue;
                               F A T T O
    Con  i ricorsi notificati entrambi il 15 dicembre 1990, depositati
 il 28 dicembre successivo i ricorrenti sopra nominati, ispettori capo
 della Polizia di Stato, ex  marescialli  del  disciolto  Corpo  delle
 guardie  di  p.s.,  impugnano  i  bandi  di  concorso  specificati in
 epigrafe, concernenti concorsi  interni  per  titoli  di  servizio  e
 colloquio,  per il conferimento di posti di commissario del ruolo dei
 commissari di Polizia di Stato per gli anni, rispettivamente, 1988  e
 1989,  lamentando  che al concorso in questione siano state ammesse a
 partecipare  esclusivamente  le  appartenenti  alla  ex  carriera  di
 concetto del disciolto Corpo della polizia femminile in servizio alla
 data di applicazione del d.P.R. 24 aprile 1982, n. 336.
    Rilevato  che al concorso sono state ammesse anche le appartenenti
 al disciolto Corpo della polizia femminile assunte in  servizio  dopo
 l'entrata in vigore della legge 1½ aprile 1981, n. 121; dato atto che
 i  concorsi  sono  stati indetti in applicazione dell'art. 36, decimo
 comma, n. 30 della legge 1½ aprile 1981, n. 121, e dell'art.  52  del
 d.P.R.  24 aprile 1982, n. 336; precisato altresi' di aver presentato
 domanda intesa alla partecipazione ai concorsi venendone  esclusi,  i
 ricorrenti  deducono  contro  gli impugnati provvedimenti coincidenti
 censure cosi' intitolate:
    1.  -  Violazione  di  legge  per  illegittimita'   costituzionale
 dell'art. 36, decimo comma, n. 30 della legge 1½ aprile 1981, n. 121,
 e  dell'art.  52 del d.P.R. 24 aprile 1982, n. 336, per contrasto con
 gli artt. 3, 4, 97 della Costituzione della Repubblica.
    2. - Violazione di legge art. 36, decimo comma, n. 30, della legge
 1½ aprile 1981, n. 121, e art. 52 del d.P.R. 24 aprile 1982, n. 336.
    Col  primo  motivo  di  impugnazione,  muovendo  dall'esame  delle
 posizioni  di  partenza degli ex marescialli e delle assistenti della
 Polizia femminile nel previgente  assetto,  nonche'  evidenziando  la
 sostanziale  equiparazione  operata  dalla legge n. 121/1981 mediante
 l'inclusione  nell'unico  ruolo  degli  ispettori  di   entrambe   le
 categorie,  sia  pure  con  modalita'  piu'  articolate  per  gli  ex
 marescialli, i ricorrenti incentrano le loro censure  direttamente  e
 immediatamente  sull'art. 36, decimo comma, n. 30, della legge n. 121
 cit., che riserva alle soli assistenti  della  polizia  femminile  la
 possibilita'  di  accesso  alla  carriera  direttiva prevista per gli
 impiegati civili dello Stato e sull'art. 52 del  d.P.R.  n.  336/1982
 che  ha  tradotto i benefici di cui al cit. art. 36, decimo comma, n.
 30, della legge n. 121/1981 nella previsione di concorsi  per  titoli
 di servizio e colloquio riservati alle assistenti del disciolto Corpo
 di  polizia  femminile  per  l'accesso alla qualifica di commissario.
 Essi rinvengono nelle citate norme la violazione degli artt. 3,  4  e
 97 della Costituzione per avere il legislatore (delegante e delegato)
 assicurato  privilegi ad una categoria di dipendenti senza che vi sia
 una corrispondenza sostanziale diversita' delle situazioni giuridiche
 regolate (art. 3 della  Costituzione),  per  avere,  cosi'  operando,
 apertamente  disatteso  i principi di buon andamento ed imparzialita'
 dell'amministrazione (art. 97 della Costituzione) e  per  avere,  in-
 fine,  precluso,  ai  soli  ricorrenti  di  realizzare, attraverso un
 lavoro commisurato alle proprie capacita',  il  diritto  fondamentale
 allo sviluppo della personalita' (art. 4 della Costituzione).
    Il  secondo  motivo  pone  invece il problema della apertura della
 partecipazione al concorso anche di assistenti assunte dopo l'entrata
 in vigore della legge n. 121/1981, in cio' rinvenendosi la  direttiva
 violazione  delle  fonti  primarie di cui l'amministrazione ha inteso
 fare applicazione.
    Con successive memorie i ricorrenti, i quali non hanno beneficiato
 della richiesta sospensione incidentale dei provvedimenti  impugnati,
 hanno ulteriormente illustrato le ragioni difensive.
    Non si e' costituita in giudizio l'Amministrazione intimata.
                             D I R I T T O
    1.  -  I  due  ricorsi  propongono  identiche  questioni ancorche'
 riferentesi a  separate  procedure  concorsuali;  essi  inoltre  sono
 proposti  dai  medesimi  ricorrenti  e  contro coincidenti autorita';
 pertanto, e' opportuna la loro riunione per essere esaminati in unico
 contesto.
    2. - Delle due  questioni  proposte  la  prima  investe  procedure
 concorsuali  per  gli effetti riflessi della prospettata questione di
 legittimita' costituzionale, mentre la questione posta con il secondo
 motivo, concernente la  prevista  ammissione  al  concorso  anche  di
 assistenti  assunti dopo l'entrata in vigore della legge n. 121/1981,
 propone  una  ordinaria  censura  di   illegittimita'   diretta   del
 provvedimento  impugnato che pero' non puo' essere presa in esame dal
 collegio della decisione sulla denunciata violazione degli  artt.  3,
 97 e 4 della Costituzione ad opera degli art. 36, ex direttiva, n. 30
 della legge 1½aprile 1981, n. 121, e dell'art. 52 del d.P.R., n. 336.
 Dalla   non   manifesta   infondatezza   della  questione,  prima,  e
 dell'eventuale giudizio di incostituzionalita' da parte della  Corte,
 dipende  infatti la titolarita' di un interesse, in capo agli attuali
 ricorrenti,  a  non  vedere  estesa  la  competizione  concorsuale  a
 soggetti i quali - a loro dire - non avrebbero titolo a parteciparvi.
    Il  collegio  deve  quindi preliminarmente accertare se sia o meno
 manifestamente infondata la questione di legittimita'  costituzionale
 proposta,  la  quale e', comunque, rilevante, dal momento che dal suo
 fondamento o meno dipende, in via derivata l'invalidita' o  validita'
 dei  bandi impuganti e dell'esclusione dai concorsi alla posizione di
 commissario degli attuali ricorrenti.
   3. - Cio' premesso, osserva il collegio che la  questione  proposta
 viene   ad   incidere   su   posizioni   di   privilegio   attribuite
 dall'ordinamento alle ex assistenti  di  polizia  nel  passaggio  dal
 vecchio  al  nuovo  assetto  della Sicurezza pubblica, a seguito alla
 riforma introdotta con legge 1½  aprile  1981,  n.  121,  di  delega,
 avendo il legislatore delegato stabilito all'art. 36 (ordinamento del
 personale) direttiva decima, n. 30, della legge n. 121 suddetta che i
 decreti  da  emanarsi  in forza della delega prevista al primo comma,
 prevedessero che alle assistenti della polizia femminile in  servizio
 all'atto   dell'entrata   in   vigore   della  legge  continuasse  ad
 applicarsi, per un periodo di dieci anni  la  normativa  vigente  per
 l'accesso  alla  carriera direttiva prevista per gli impiegati civili
 dello Stato ed avendo quindi il legisltaore delegato, in  conformita'
 al  disposto  di cui trattasi, previsto l'espletamento di un concorso
 riservato per titoli di  servizio  e  colloquio  per  l'accesso  alla
 qualifica di commissario, senza prevedere analogo beneficio in favore
 degli  ex  marescialli  inquadrati, come le assistenti del previgente
 assetto, nel ruolo degli ispettori.
    Ora  non  vi e' dubbio che il trattamento sperequativo individuato
 dai ricorrenti debba farsi risalire a situazioni non  equiparate  del
 precedente  ordinamento  che  vedeva  le  assistenti  di  Polizia per
 definizione appartenenti alla  carriera  di  concetto,  e  come  tali
 aventi  titolo  ad  accedere  sia  et  simpliciter  nel  ruolo  degli
 ispettori di polizia (aventi mansioni di concetto) e  i  marescialli,
 di contro, appartenenti a categoria che, se pure non grammaticalmente
 definita  riconducibile  alla  carriera  esecutiva,  se non altro non
 equiparabile (quanto meno senza  ulteriori  verifiche)  a  quella  di
 concetto.
    Su  tale  specifico  aspetto  della  questione  ha  avuto  modo di
 pronunciarsi, sia pure con riguardo a diversa fattispecie, la sezione
 (sentenza 4 ottobre 1989, n.  1336)  e  non  vi  e'  ragione  per  il
 collegio di discostarsi da una tale interpretazione.
    E'  certo  peraltro  che  il  legislatore nazionale ha individuato
 punti di coincidenza fra le diverse posizioni nel momento in  cui  ha
 previsto  l'inquadramento  di  entrambe  le categorie, sia pure sulla
 base di differenti presupposti, nel medesimo ruolo degli ispettori.
    Piu' in particolare  l'equiparazione  e'  stata  leglislativamente
 attestata:  a)  fra  assistenti  che avessero maturato il tredicesimo
 anno di servizio e i marescialli carica speciale che abbiano superato
 un concorso per titoli di servizio nonche'  i  marescialli  di  prima
 classe  scelti  e  di  prima  classe che abbiano superato un concorso
 interno per titoli di servizio e colloquio, tutti  inquadrabili,  sia
 pure  con  diverso  ordine  di graduatoria nella qualifica finale del
 ruolo degli ispettori; b) fra assistenti fino a 13 anni di servizio e
 marescialli in carica speciale che non abbiano superato il concorso o
 che non vi abbiano partecipato, e marescialli di prima classe  aventi
 titolo  per  l'inquadramento  nella  qualifica  finale  (ma  ivi  non
 collocati per mancanza di  posti),  tutti  inquadrabili  nella  terza
 qualifica del ruolo degli ispettori.
    Una  tale  constatazione  ne  suggerisce immediatamente un'altra e
 cioe' che per i marescialli carica speciale la verifica di merito  e'
 stata  ipotizzata  dal  legislatore esclusivamente per l'accesso alla
 quarta  qualifica,  mentre  non  e'  stata  neppure  ipotizzata   per
 l'inquadramento  nella terza qualifica del ruolo degli ispettori, con
 cio' stabilendosi una assoluta equiparazione fra assistenti  (fino  a
 13  anni  di servizio) e l'anzidetta categoria dei marescialli carica
 speciale,  che  non  puo'   avere   altra   radice   se   non   nella
 riconducibilita'  delle  mansioni, in buona misura, prevalentemente a
 quelle proprie della  carriera  di  concetto  da  cui  le  assistenti
 provenivano.
    Muovendo  da  tali  considerazioni,  ritiene  il  collegio che nel
 quadro normativo tracciato dalla decima  direttiva  e'  intravedibile
 una  equiordinazione delle categorie assistenti di pubblica sicurezza
 - marescialli, quanto meno a partire dalla posizione  di  maresciallo
 di  prima  classe, sia pure condizionata ad una previa verifica della
 professionalita' e preparazione culturale, neppure richiesta tuttavia
 per i marescialli  carica  speciale,  salvo  per  cio'  che  concerne
 l'accesso alla qualifica finale.
    E'  dunque  evidente  in  tale  assetto,  che  le disposizioni che
 consentono  alle  sole  assistenti  di  Polizia  di   accedere   alle
 disposizioni  di commissario avvalendosi di un concorso riservato per
 titoli ed esami specificamente contemplato per la categoria dall'art.
 52  del  d.P.R.  n.  336/1982,  senza  che  analogo  beneficio  venga
 accordato  agli  ex  marescialli  collocati in identica posizione nel
 ruolo degli ispettori e con conicidente anzianita' (e titolo di  stu-
 dio)   non   puo'  ragionevolmente  ricondursi  al  discrezionale  ed
 insindacabile potere del legislatore di assicurare privilegi  ad  una
 determinata  categoria di lavoratori, apparendo piuttosto espressione
 di un iniquo  trattamento  di  disfavore  verso  altra  categoria  di
 lavoratori  (gli  ex  marescialli)  i  quali  peraltro (a determinate
 condizioni) sono stati ritenuti equiparabili alla categoria  favorita
 e comunque equiordinati nel nuovo assetto
    Cio' appare al collegio fortemente sospetto di irrazionalita' e in
 contrasto  con i principi posti dagli artt. 3 e 97 della Costituzione
 particolarmente con riguardo alle posizioni  dei  marescialli  carica
 speciale,  che costituivano gia' nel previgente assetto "personale di
 particolare preparazione professionale", adibito all'espletamento  di
 qualificate  funzioni  (legge  3  novembre 1963, n. 1543), ma analoga
 iniquita' deve rilevarsi anche  con  riferimento  ai  marescialli  di
 prima  classe  scelti  e  di  prima  classe,  se si tiene conto delle
 mansioni affidate nel preesistente ordinamento ove si consideri,  fra
 l'altro,  l'attribuibilita'  ai medesimi del comando di stazioni ( ex
 art. 120 del r.d. 30 novembre 1930, n. 1629)  e  la  possibilita'  di
 sostituire  i  funzionari  (art.  129, ultimo comma, del r.d. n. 1629
 cit.).
    Ne' puo' disconoscersi il fondato sospetto  che  la  sperequazione
 attuata  all'interno  del  medesimo  ruolo  e  della stessa qualifica
 finisca con l'alterare, in tale posizione di lavoro, il  rapporto  di
 equiordinazione   che  pure  lo  stesso  legislatore  delegato  aveva
 previsto fra marescialli e assistenti inquadrati nella quarta e terza
 qualifica  ispettiva,  in  quanto  l'aver  consentito  soltanto  alle
 assistenti  e  non anche ai marescialli una possibilita' privilegiata
 di accesso alla qualifica di commissario, e' ragionevole ritenere che
 finisca col risolversi in  un  minor  prestigio  professionale  della
 categoria   all'interno   del   ruolo   e,   in  definitiva,  in  una
 compromissione dello sviluppo della personalita' attraverso un lavoro
 commisurato alle capacita' (art. 4 della Costituzione).
    Per tutte le considerazioni che precedono il giudizio deve  essere
 sospeso,   dovendosi   dunque   trasmettere   gli   atti  alla  Corte
 costituzionale per il relativo giudizio alla  definizione  del  quale
 deve   anche   essere   rinviato   l'esame   del  secondo  motivo  di
 impugnazione.